SCOPERTI FRAMMENTI PIU’
ANTICHI?
UNA VALUTAZIONE A PROPOSITO - Jay Smith -Pfander Ministry-
UNA VALUTAZIONE A PROPOSITO - Jay Smith -Pfander Ministry-
PREMESSE:
A seguito del recente ritrovamento da parte
dell’Università di Birmingham (21 luglio 2015) di due
frammenti (fronte-retro) da un antico
manoscritto coranico, e di cui i media
hanno dato ampio risalto, mi è stata chiesta
una valutazione circa la loro attendibilità. La scoperta è stata ripresa anche dai media italiani, LA STAMPA L'Avvenire Corriere della Sera La Repubblica
Nessuna fonte d'informazione pubblica di spicco è stata in grado di aggiornare ai suoi lettori a proposito del coro di pronunciamenti seguiti alla scoperta dei suddetti manoscritti del Corano, da parte degli addetti ai lavori, sia musulmani che sia orientalisti occidentali.
Qui a seguito, Jay Smith e altri esperti, ne tracciano le valutazioni scientifiche alquanto contrastanti che abbiamo riunito dalla stampa mondiale.
- Osservatorio Internazionale Manoscritti per Pfander -
Nessuna fonte d'informazione pubblica di spicco è stata in grado di aggiornare ai suoi lettori a proposito del coro di pronunciamenti seguiti alla scoperta dei suddetti manoscritti del Corano, da parte degli addetti ai lavori, sia musulmani che sia orientalisti occidentali.
Qui a seguito, Jay Smith e altri esperti, ne tracciano le valutazioni scientifiche alquanto contrastanti che abbiamo riunito dalla stampa mondiale.
- Osservatorio Internazionale Manoscritti per Pfander -
L’articolo della BBC: “Oldest Koran Fragmentfound at Birmingham University”, ha riportato
che i due frammenti sono stati analizzati all’Unità
di datazione al radiocarbonio AMS
dell’Università di Oxford, che gode di ottima reputazione al livello internazionale. Inoltre, il
VII secolo presenta un rate del decadimento del
radiocarbonio più stabile rispetto, per dire, al VIII
secolo, e si è dimostrato estremamente stabile in
un campione ampio di pelli, pergamene e papiri
manoscritti provenienti dall’Europa e il Medio
Oriente. Con una approssimazione del 95%, il
laboratorio di Oxford ha datato i due frammenti
fra il 568 e 645 d.C. Ci viene detto che ciò
significa che si potrebbe trattare di uno dei più
antichi frammenti coranici in esistenza.
Per comprendere la valenza di tale scoperta, ho
chiesto aiuto a diversi esperti, fra i quali chi ha
condotto una ricerca preliminare su questi
frammenti e la datazione al radiocarbonio dei
manoscritti coranici.
Questa persona è in contatto con il Corpus
Coranicum, un progetto tedesco su manoscritti
coranici impegnato nella datazione al
radiocarbonio più dettagliata mai tentata sinora. Il
loro obiettivo è di conciliare la datazione al
radiocarbonio con i metodi paleografici e
codicologici maggiormente in uso e affidabili. Sin
qui hanno datato più di 30 corani. Di seguito,
menziono un sunto della valutazione di questa
persona, e altre, sullo stato delle conoscenze circa
il tema in oggetto.
1. Questi frammenti non sono i primi a
essere sottoposti alla datazione al
radiocarbonio. Qualche mese fa,
ricercatori dell’Università di Tübingen
(Tubinga), in Germania, hanno ottenuto
risultati simili su un gruppo di frammenti
esaminati nel loro laboratorio. La ricerca
prosegue tuttora e mostra un numero di
varianti al testo. Il lavoro di pubblicazione
è in corso. (L’intero manoscritto di
Tübingen può essere consultato online:
Tübingen Manuscript. Si nota che molte
delle varianti siano visibili come
correzioni apportate al testo).
2. È bene tenere presente che la datazione al
radiocarbonio non è la data di stesura del
manoscritto (datazione dell’inchiostro),
ma soltanto quella della pergamena su cui
compare il testo. Il punto è importante perché una datazione del 645 d.C. ci
informa solo sulla data di morte
dell’animale. L’inchiostro potrebbe essere
stato apposto a distanza di molti anni o
persino decenni. Una delle datazioni al
radiocarbonio del palinsesto di Sanaa
(Yemen) precede (600 d.C.) addirittura la carriera
profetica di Maometto (610-632)! Il
consenso degli studiosi comunque si
orienta su un periodo breve dalla morte
dell’animale all’utilizzo della pelle per un
manoscritto, salvo il caso di nuovo
riutilizzo di manoscritti antichi (ps:
rimando ai commenti sui palinsesti al
punto 4). Spesso gli animali erano uccisi e
le loro pelli trasformate subito in
pergamene, così da soddisfare ordinativi
di manoscritti pregiati visto che la
produzione di un volume richiedeva di norma pelli di molti capi di bestiame.
La datazione dell’inchiostro e pigmento è
invece un’area di ricerca nuova, e si
rivelerà di interesse nei progetti futuri sui
più antichi manoscritti coranici. Solo
allora avremo una datazione più accurata
dei primi corani. Ciò aggiungerà un altro
criterio per stabilire date accurate dei
Corani più antichi.
Spesso i manoscritti di pergamena, o
membrana, erano cancellati (l’inchiostro
veniva lavato) e riscritti. Sono chiamati i
“Palinsesti”. I frammenti dei manoscritti
di Tübingen potrebbero evidenziare
stesure diverse; ciò implicherebbe che il
testo letto potrebbe essere stato redatto a
distanza di decenni. Ancora non siamo
stati informati se i frammenti di Birmingham possano essere anche dei
palinsesti! (...)
L’esame iniziale non sembra indicare
che lo siano, ma è una possibilità da
considerare visto che, a volte, le stesure
originali erano rimosse talmente bene da
renderne ardua la constatazione. Soltanto con adeguati materiali chimici utilizzati dagli esperti sono state trattate le pergamene di Sanaa e sono emersi inquietanti stesure testuali originali rimosse. A tal
proposito, si invitano gli scettici sinceri a guardare qui.
4. Stando allo studioso Avi Lewis, poiché il
test al radiocarbonio indica una datazione
dei frammenti fra il 568 e 645 d.C., si
evince che le pergamene possono
benissimo essere state utilizzate una prima
volta ben prima del periodo 610 – 632
d.C., quello cioè della presunta
“rivelazione” del Corano, e addirittura
prima di quando il sedicente profeta
Maometto divenisse adulto.
Probabilmente, poi lavate e riutilizzate per
divenire fra i primi frammenti- manoscritti
del Corano.
5. L’articolo della BBC si è dilungato
sull’affidabilità della storia testuale del
Corano, purtroppo, senza fare alcun cenno
delle moltissime variazioni ortografiche
presenti nel testo antico del Corano in
arabo, la cui esistenza è ben nota in quasi
tutti i manoscritti più antichi, compresi sia
quelli di Sanaa sia quelli di Tübingen e di
cui se ne parla in dettaglio anche nelle
prime tradizioni islamiche (su varie
Hadith). Le complessità della storia
testuale antica del Corano, sia riconosciuta
dal sapere degli studiosi islamici e sia dai musulmani della strada, sono sorvolate
dall’articolo. Anziché fornire un quadro
esaustivo della prima trasmissione del
Corano, si dà a credere un’analisi parziale
che minimizza gli aspetti di divergenza
rispetto a una posizione islamica quasi
fondamentalista classica.
6. David Thomas, una delle persone
intervistate nell’articolo della BBC, non è
un esperto di manoscritti coranici. Alba
Fedeli (la scienziata italiana che ha
scoperto i manoscritti presso l’Università
di Birmingham) è un’esperta qualificata
del Corano: pur menzionata, purtroppo,
non si dà però conto delle sue posizioni.
C’è anche da chiedersi se il giornalista
Sean Coughlan, autore dell’articolo
apparso su BBC, abbia familiarità col
materiale altamente specializzato su cui
riferisce.
In base a ricerche ulteriori
condotte da Yassin Dutton, Francois
Deroghe e altri, e dalle smentite sulla validità della scoperta puntualmente pubblicate all’indomani dal Dr. Benham Sadeghi (islamico, esperto storia islamica presso l’Università di
Standford in Oxford) e Dr. Saud Sarhan
del Centro di King Faisal di Ryad
(Arabia Saudita) e da altri islamici, si
desume quanto differiscano i testi più antichi dalla versione resa pubblica ai nostri
giorni e dei vari segni diacritici,
vocalizzazioni compreso altri segni
ortografici, debbano essere aggiunti al
testo in arabo così da renderlo leggibile in
quella stesura specifica. Ciò suggerisce
un’alterazione marcata del testo in arabo nel corso del tempo. Tali osservazioni
ovviamente non sono menzionate
nell’articolo della BBC, perché
rappresentano per il giornalista Coughlan
un punto cieco. Tutto il tono dell’articolo è
deferente, come se i curatori dei
manoscritti coranici volessero ingraziarsi
la comunità musulmana, soprattutto quella
residente a Birmingham.
7. I frammenti di Birmingham in oggetto
mostrano quattro esempi di varianti
testuali, segni ortografici (...), a
dimostrazione che persino questo testo ha
varianti testuali antecedenti, oltre alle
differenza nella numerazione dei versetti.
8. È difficile immaginare che i frammenti
siano così antichi, (vicini alla morte di Maometto - vale a dire dopo il 632 d.C.) quando osservandoli ci
si stupisce per la definitiva e splendida
evoluzione della impaginazione giunta in realtà due secoli dopo; si veda ad esempio lo stile di
scrittura Hijaz, la separazione dei capitoli
-sure- e dei versetti coranici -aya- (...)
9. Le variazioni in questo testo confermano
quanto già sappiamo dalle tradizioni
islamiche successive, vale a dire un
intervento editoriale a monte così da
determinare una forma testuale di base.
Ciò è stato evidenziato anche dalla tesi
presentata lo scorso anno dal Dott.
Brubaker, capace di individuare oltre 800
correzioni di questo tipo nei 10 corani
oggetto di indagine, tutti collocati tra la
fine dell’VIII e il IX secolo, a
dimostrazione che le variazioni e
correzioni sono proseguite per altri
duecento anni.
10. Queste variazioni testuali a monte
suggeriscono inoltre un numero di schemi
testuali per il Corano più elevato di quello
riportato dalle tradizioni islamiche. Ciò
significa che la comunità successiva al
tempo di Maometto (vale a dire dopo il
632 d.C.) è stata coinvolta nello stabilire
manualmente sia la stesura e sia
l’ortografia precise del Corano molto più
di quanto ammesso sino ad ora da molti
commentatori musulmani contemporanei,
sebbene ciò sia riconosciuto da alcune
tradizioni islamiche.
11. Persino alcuni musulmani mostrano
scetticismo sui frammenti di Birmingham. L'insignito saudita, Saud al-Sarhan, direttore del CentroRicerca e Studi Islamici presso il Centrodi Re Faisal, a Riyadh, in Arabia Saudita, ha rilasciato dichiarazioni al 'New York Times' (si legga all'11.mo paragrafo) che dubita che i frammenti risalgano al
periodo proposto dalla datazione al
radiocarbonio, facendo notare come il
testo già includa punti diacritici sulle
lettere in arabo già definiti e la divisione
in capitoli, caratteristiche queste introdotte
a distanza di uno o due secoli. Anche lui
ha accennato alla possibilità che i
frammenti siano stati lavati e riutilizzati
tempo dopo, come palinsesti. È agevole
comprendere il dilemma che la datazione
al radiocarbonio pone a molti musulmani (...)
12. Intuendo le problematiche che tali
frammenti pongono ai musulmani, un altro
studioso, Behnam Sadeghi, ha di recente
scritto una risposta astuta: “ (...) in
considerazione delle varianti, questi
frammenti forse non sono altro che “testi
di accompagnamento”, corretti poi in una
forma standardizzata all’epoca di Othman
(...) (dal suo articolo: Sadeghi on theBirmingham Folios - BBC).
Curiosamente, Sadeghi è costretto ad
ammettere che questi testi antichi
contenessero “termini e frasi ... differenti (...) Tali differenze a volte incidevano sul
significato”, malgrado, a suo dire, non
modificavano l’autorità del Corano. Non
molti musulmani apprezzeranno tale sua
sincerità.
13. Oltre tutto, queste datazioni al
radiocarbonio non sono l’ultima parola
circa i frammenti di Birmingham. Sono
uno strumento innovativo, e ci vorrà
tempo per scoprirne la piena accuratezza e
potenziale. Restano comunque uno
strumento importante, e il loro uso va
accolto come uno dei tanti metodi per
discernere la datazione più probabile di un
manoscritto. I metodi tradizionali di
analisi scritturale, artistica e della forma di
un manoscritto in tutti i suoi aspetti fisici,
possono necessitare qualche
aggiornamento, ma si sono dimostrati
efficaci e non saranno agevolmente
accantonati da un solo test scientifico.
Permarranno essenziali per conseguire una
comprensione completa e accurata circa la datazione di questi frammenti.
14. Tutto ciò conduce alla conclusione che
non ci sia mai stato un solo testo canonico
in arabo, o persino completo del Corano in
arabo, preservato perfettamente e usato da
sempre da tutti i musulmani fino ai nostri
giorni. L’impressione è che i frammenti di
Birmingham (a prescindere dalla
datazione corretta) appartengano a una
scuola di varianti testuali, cui si fa
riferimento in tradizioni successive, e
siano parte di un manoscritto più ampio,
standardizzato tempo dopo in un unico
testo canonico definitivo. Tutti stiamo
ancora aspettando di conoscere da parte
dei massimi studiosi islamici la data in cui
il Corano canonico sia stato finalizzato.
UN’ANALISI PIU’ ACCURATA SUI FRAMMENTI DI BIRMINGHAM
Consideriamo alcuni esempi delle differenze fra
le due pagine (fronte-retro) di questi frammenti,
che includono porzioni della diciottesima,
diciannovesima e ventesima sura, tenendo
presente che solo le parti della diciannovesima e
ventesima sura sono continue:
- Confrontandoli col testo coranico odierno, mancano almeno 27 alifs, a riprova di quanto l’ortografia araba sia cambiata nei primi tre secoli dell’Islam.
- Ci sono quattro casi di segni diacritici di consonanti che differiscono dal testo considerato standard ai nostri giorni. In tre casi non esiste alcuna correlazione con varianti conosciute di recitazione del testo, mentre una è simile a una recitazione successiva chiamata Ibn ‘Amr ((i.e. Surah Al-Kahf 18:26, ‘tushuriku’, riporta il verbo ’tu non condividi” invece di ‘yushuriku, ‘Egli non condivide”, nella frase, ‘Egli non condivide a nessuno al Suo giudizio’). In tutte e tre le sure dei frammenti, i versetti sono numerati diversamente da quelli del Corano attualmente in uso.
• Il modo in cui è marcata la lettera qaf è
simile a un altro sistema di punteggiatura
usato in tempi antichi e che si riscontra
oggi nella versione del Corano Warsh
(diversamente dalla versione più comune
Hafsa) presente solo nell’Africa
settentrionale (es: qaf has un puntino, fa’
non ha puntino).Pertanto, se anche questi
frammenti di Birmingham fossero così
antichi, mostrano comunque delle varianti
che non dovrebbero essere presenti, se è
vero che il Corano è perfetto, completo e
immutato. Curiosamente, l’articolo di
Coughlan non fa alcuna menzione delle
varianti presenti nei frammenti. Col
procedere delle ricerche riguardo a questo,
come ad altri manoscritti, sarà nostra cura
rendere pubbliche le risultanze degli
esperti.
'Osservatorio Internazionale Manoscritti'
Jay Smith (London)