giovedì 3 settembre 2015

CORANO DI BIRMINGHAM: Dannosa Scoperta Antichi Manoscritti Coranici



DANNOSA SCOPERTA SUL CORANO!

L’esamina completa del testo originale - anche ben illustrato- la si può trovare cliccando qui: Have they found the oldest Quran? An Historical response!

 A seguito del recente ritrovamento da parte dell’Università di Birmingham (21 luglio 2015) di due frammenti (fronte-retro) di un antico manoscritto coranico, a cui i media hanno dato ampio risalto, ci è stata chiesta una valutazione circa la loro attendibilità. La scoperta è stata ripresa anche dai media italiani: LA STAMPA   L'Avvenire   Corriere della Sera   La Repubblica 

All’indomani della sensazionale scoperta, la stampa internazionale aveva ripreso puntualmente, per correttezza e trasparenza, le opposte posizioni scientifiche anche da parte di esperti musulmani che erano dubbiosi sulla validità scientifica della scoperta. Altri islamici, invece, hanno ribadito con qualche punta di stizza che non è possibile verificare la scientificità del Corano (che per i musulmani è esclusivamente un dato di fede). Per quest’ultimi è una contraddizione in termini voler appoggiare o verificare la propria fede su verità scientificamente comprovabili. Quando si cerca la prova della propria fede questa non c’è!   
'Osservatorio Scientifico Pfander’ riporta i risultati dati dagli esperti, addetti ai lavori, sulla sedicente scoperta scientifica di Birmingham. Qui a seguito, il Prof. Jay Smith e altri esperti ne tracciano per noi i risultati scientifici.

Grazie per l’attenzione!
PFANDER MINISTRY
----------------------------------------------------------

L’articolo della BBC “Oldest Koran Fragment found at Birmingham University”, ha riportato che i due frammenti sono stati analizzati all’Unità di datazione al radiocarbonio AMS dell’Università di Oxford, che gode di ottima reputazione al livello internazionale. Inoltre, il VII secolo presenta un rate del decadimento del radiocarbonio più stabile rispetto, per dire, al VIII secolo, e si è dimostrato estremamente stabile in un campione ampio di pelli, pergamene e papiri manoscritti provenienti dall’Europa e dal Medio Oriente. Con una approssimazione del 95%, il laboratorio di Oxford ha datato i due frammenti fra il 568 e 645 d.C. Ciò significa che si potrebbe trattare di uno dei più antichi frammenti coranici in esistenza.

Per comprendere la valenza di tale scoperta, ho chiesto aiuto a diversi esperti, fra i quali chi ha condotto una ricerca preliminare su questi frammenti e la datazione al radiocarbonio di manoscritti coranici.
    Questa persona è in contatto con il Corpus Coranicum, un progetto tedesco su manoscritti coranici impegnato nella datazione al radiocarbonio più dettagliata mai tentata sinora. Il loro obiettivo è di conciliare la datazione al radiocarbonio con i metodi paleografici e codicologici maggiormente in uso e affidabili. Sin qui hanno datato più di 30 Corani. Di seguito, menziono un sunto della valutazione di questa persona, e altre, sullo stato delle conoscenze circa il tema in oggetto.

1.    Questi frammenti non sono i primi a essere sottoposti alla datazione al radiocarbonio. Qualche mese fa, ricercatori dell’Università di Tübingen (Tubinga), in Germania, hanno ottenuto risultati simili su un gruppo di frammenti esaminati nel loro laboratorio. La ricerca prosegue tuttora e mostra un numero di varianti al testo. Il lavoro di pubblicazione è in corso. (L’intero manoscritto di Tübingen può essere consultato online: Tübingen Manuscript. Si nota che molte delle varianti siano visibili come correzioni apportate al testo).

2. È bene tenere presente che la datazione al radiocarbonio non è la data di stesura del manoscritto (datazione dell’inchiostro), ma soltanto quella della pergamena su cui compare il testo. Il punto è importante perché una datazione del 645 d.C. ci informa solo sulla data di morte dell’animale. L’inchiostro potrebbe essere stato apposto a distanza di molti anni o persino decenni. Una delle datazioni al radiocarbonio del palinsesto di Sanaa (Yemen, 600 d.C.) precede addirittura la carriera profetica di Maometto (610-632). Il consenso degli studiosi comunque si orienta su un periodo breve dalla morte dell’animale all’utilizzo della pelle per un manoscritto, salvo il caso di riutilizzo di manoscritti antichi (ps: si veda rimando ai commenti sui palinsesti al punto 4). Spesso gli animali erano uccisi e le loro pelli trasformate subito in pergamene, così da soddisfare ordinativi di manoscritti pregiati visto che la produzione di un volume richiedeva di norma pelli di molti capi di bestiame.

3. La datazione dell’inchiostro e pigmento è invece un’area di ricerca nuova e si rivelerà di interesse nei progetti futuri sui più antichi manoscritti coranici. Solo allora avremo una datazione più accurata dei primi Corani. Ciò aggiungerà un altro criterio per stabilire date accurate dei Corani più antichi.
A volte, i manoscritti di pergamena, o membrana, erano cancellati (l’inchiostro veniva lavato) e riscritti. Sono chiamati i “Palinsesti”. I frammenti dei manoscritti di Tübingen potrebbero evidenziare stesure diverse; ciò implicherebbe che il testo letto potrebbe essere stato redatto a distanza di decenni. Ancora non siamo stati informati se i frammenti di Birmingham possano essere anche dei palinsesti. L’esame iniziale non sembra indicare che lo siano, ma è una possibilità da considerare visto che, a volte, le stesure originali erano rimosse talmente bene da renderne ardua la constatazione. Soltanto con adeguati materiali chimici utilizzati dagli esperti sono state trattate le pergamene di Sanaa e sono emerse stesure testuali originali rimosse. A tal proposito, si invitano gli scettici sinceri a guardare qui.

4. Stando allo studioso Avi Lewis, poiché il test al radiocarbonio indica una datazione dei frammenti fra il 568 e 645 d.C., si evince che le pergamene possono benissimo essere state utilizzate una prima volta ben prima del periodo 610 – 632 d.C., quello cioè della presunta “rivelazione” del Corano, e addirittura prima di quando il sedicente profeta Maometto divenisse adulto. Probabilmente, le pelli sono state poi lavate e riutilizzate per essere usate come frammenti - manoscritti del Corano...

5. L’articolo della BBC si è dilungato sull’affidabilità della storia testuale del Corano, purtroppo, senza fare alcun cenno alle moltissime variazioni ortografiche presenti nel testo antico del Corano in arabo, la cui esistenza è ben nota in quasi tutti i manoscritti più antichi, compresi sia quelli di Sanaa sia quelli di Tübingen e di cui se ne parla in dettaglio anche nelle prime tradizioni islamiche (su varie Hadith). Le complessità della storia testuale antica del Corano, riconosciute sia dal sapere degli studiosi islamici e sia dai musulmani della strada, sono state sorvolate dall’articolo. Anziché fornire un quadro esaustivo della prima trasmissione del Corano, si dà a credere un’analisi parziale che minimizza gli aspetti di divergenza rispetto a una posizione islamica ufficiale. 


6. David Thomas, una delle persone intervistate nell’articolo della BBC, non è un esperto di manoscritti coranici... Alba Fedeli (la scienziata italiana che ha scoperto i manoscritti presso l’Università di Birmingham) è un’esperta qualificata del Corano: pur venendo menzionata, purtroppo, però non viene tenuto conto delle sue posizioni. C’è anche da chiedersi se il giornalista Sean Coughlan, autore dell’articolo apparso su BBC, abbia familiarità col materiale altamente specializzato a cui riferisce. In base a ricerche ulteriori condotte da Yassin Dutton, Francois Deroghe e *altri, si desume quanto differiscano i testi più antichi dalla versione resa ufficiale ai nostri giorni e dei vari segni diacritici, vocalizzazioni compreso altri segni ortografici, che devono essere aggiunti al testo in arabo affinché sia leggibile in quella stesura specifica. Ciò suggerisce un’alterazione marcata del testo in arabo nel corso del tempo. Tali osservazioni ovviamente non sono menzionate nell’articolo della BBC, poiché rappresentano per il giornalista Coughlan un punto cieco. Tutto il tono dell’articolo è deferente, come se i curatori dei manoscritti coranici volessero ingraziarsi la comunità musulmana, soprattutto quella residente a Birmingham.

7. I frammenti di Birmingham in oggetto mostrano quattro esempi di varianti testuali, segni ortografici (...), a dimostrazione che persino questo testo ha varianti testuali antecedenti, oltre alle differenza nella numerazione dei versetti. 

8. È difficile immaginare che i frammenti di Birmingham siano così antichi, quando osservandoli ci si stupisce per la definitiva e splendida evoluzione della impaginazione (ndt: giunti qualche secolo dopo); si veda ad esempio lo stile di scrittura Hijaz, la separazione dei capitoli -sure- e dei versetti coranici (...)

9.  Le variazioni in questo testo confermano quanto già sappiamo dalle tradizioni islamiche successive: un intervento editoriale a monte così da determinare una forma testuale di base. Ciò è stato evidenziato anche dalla tesi presentata lo scorso anno dal Dott. Brubaker, capace di individuare oltre 800 correzioni di questo tipo nei 10 Corani oggetto di indagine, tutti collocati tra la fine dell’VIII° e il IX° secolo, a dimostrazione che le variazioni e correzioni sono proseguite per altri duecento anni. 

10. Queste variazioni testuali a monte suggeriscono inoltre un numero di schemi testuali per il Corano più elevato di quello riportato dalle tradizioni islamiche. Ciò significa che la comunità successiva al tempo di Maometto (vale a dire dopo il 632 d.C.) è stata coinvolta nello stabilire manualmente sia la stesura sia l’ortografia precise del Corano molto più di quanto ammesso sino ad ora da molti commentatori musulmani contemporanei, sebbene ciò sia riconosciuto da alcune tradizioni islamiche.

11. Persino alcuni musulmani mostrano scetticismo sui frammenti di Birmingham. L'insignito saudita, ASud al-Sarhan, direttore del Centro Ricerca e Studi Islamici presso il Centro di Re Faisal, a Riyadh, in Arabia Saudita, ha rilasciato dichiarazioni al 'New York Times' (si legga all'11° paragrafo) che dubita che i frammenti risalgano al periodo proposto dalla datazione al radiocarbonio, facendo notare come il testo già includa punti diacritici sulle lettere in arabo già definiti e la divisione in capitoli, caratteristiche queste introdotte a distanza di uno o due secoli. Anche lui ha accennato alla possibilità che i frammenti siano stati lavati e riutilizzati tempo dopo, come palinsesti. È agevole comprendere il dilemma che la datazione al radiocarbonio pone a molti musulmani (...)

12.   Intuendo le problematiche che tali frammenti pongono ai musulmani, Behnam Sadeghi, un altro studioso, ha di recente scritto una risposta astuta: “(...) in considerazione delle varianti, questi frammenti forse non sono altro che “testi di accompagnamento”, corretti poi in una forma standardizzata all’epoca di Othman (...) (dal suo articolo: Sadeghi on theBirmingham Folios - BBC). Curiosamente, Sadeghi è costretto ad ammettere che questi testi antichi contenessero termini e frasi... differenti (...) Tali differenze a volte incidevano sul significato”, malgrado, a suo dire, non modificavano l’autorità del Corano. Non molti musulmani apprezzeranno tale sua sincerità.

13. Oltre tutto, queste datazioni al radiocarbonio non sono l’ultima parola circa i frammenti di Birmingham. Sono uno strumento innovativo, e ci vorrà tempo per scoprirne la piena accuratezza e potenziale. Restano comunque uno strumento importante, e il loro uso va accolto come uno dei tanti metodi per discernere la datazione più probabile di un manoscritto. I metodi tradizionali di analisi scritturale, artistica e della forma di un manoscritto in tutti i suoi aspetti fisici, possono necessitare qualche aggiornamento, ma si sono dimostrati efficaci e non saranno agevolmente accantonati da un solo test scientifico. Permarranno essenziali per conseguire una comprensione completa e accurata circa la datazione di questi frammenti.

14. Tutto ciò conduce alla conclusione che non ci sia mai stato un solo testo canonico in arabo, o persino completo del Corano in arabo, preservato perfettamente e usato da sempre da tutti i musulmani fino ai nostri giorni. L’impressione è che i frammenti di Birmingham (a prescindere dalla datazione corretta) appartengano a una scuola di varianti testuali, cui si fa riferimento in tradizioni successive, e siano parte di un manoscritto più ampio, standardizzato tempo dopo in un unico testo canonico definitivo. Tutti stiamo ancora aspettando di conoscere da parte dei massimi studiosi islamici la data in cui il Corano canonico sia stato finalizzato.


UNA SINOSSI  PIU’ APPROFONDITA SUI FRAMMENTI DI BIRMINGHAM
Consideriamo alcuni esempi delle differenze fra le due pagine (fronte-retro) di questi frammenti, che includono porzioni della diciottesima, diciannovesima e ventesima sura, tenendo presente che solo le parti della diciannovesima e ventesima sura sono continue:
  • Confrontandoli col testo coranico odierno, mancano almeno 27 alifs, a riprova di quanto l’ortografia araba sia cambiata nei primi tre secoli dell’Islam. 
  • Ci sono quattro casi di segni diacritici di consonanti che differiscono dal testo considerato standard ai nostri giorni. In tre casi non esiste alcuna correlazione con varianti conosciute di recitazione del testo, mentre una è simile a una recitazione successiva chiamata Ibn ‘Amr ((i.e. Surah Al-Kahf 18:26, ‘tushuriku’, riporta il verbo ’tu fai condividere” invece di ‘yushuriku, ‘Egli fa condividere”, nella frase, ‘Egli condivide a nessuno al Suo giudizio’).
  • In tutte e tre le sure dei frammenti, i versetti sono numerati diversamente da quelli del Corano attualmente in uso.
  • Il modo in cui è marcata la lettera qaf è simile a un altro sistema di punteggiatura usato in tempi antichi e che si riscontra oggi nella versione del Corano Warsh (diversamente dalla versione più comune Hafsa) presente solo nell’Africa settentrionale (es: qaf ha un puntino, fa’ non ha puntino).

Pertanto, se anche questi frammenti di Birmingham fossero così antichi, mostrano comunque delle varianti che non dovrebbero essere presenti, se è vero che il Corano è perfetto, completo e immutato. Curiosamente, l’articolo di Coughlan non fa alcuna menzione delle varianti presenti nei frammenti. Col procedere delle ricerche riguardo a questo, come ad altri manoscritti, sarà nostra cura rendere pubbliche le risultanze degli esperti.
-----------------------------------------------------------
1 Puntuali smentite sulla validità della scoperta scientifica sono giunte all’indomani dal Dottor Benham Sadegh (Prof. Storia Islamica presso l’Università di Standford) in Oxford) e il Dottor Saud Saran del Centro di King Faisal di Ryad (Arabia Saudita) 

2 La caratteristica più importante delle lingue semitiche è il sistema di radici triconsonantiche; le tipiche radici arabe sono k-t-b-e-q-r. Le radici sono modificate, come per la lingua latina, mediante suffissi e prefissi. Il processo di vocalizzazione delle parole è stato abbastanza lento nella lingua araba, compreso le vocali brevi (kasra, dhamma e fatha) oltre alle vocali lunghe (alif, au e ia) ciò ha costituito un motivo di tensione circa la trasmissione vulgata fino ad oggi e il modo di recitare il Corano


 Osservatorio PFander Ministry (London)

Nessun commento:

Posta un commento